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SCENA TREDICESIMA Guglielmo e Don Alfonso; poi Ferrando
Recitativo
GUGLIELMO Oh poveretto me! cosa ho veduto, Cosa ho sentito mai!
DON ALFONSO Per carità, silenzio!
GUGLIELMO Mi pelerei la barba, Mi graffierei la pelle, E darei colle corna entro le stelle! Fu quella Fiordiligi! la Penelope, L'Artemisia del secolo! Briccona! Assassina... furfante... ladra... cagna...
DON ALFONSO lieto, fra sé Lasciamolo sfogar.
FERRANDO entrando Ebben!
GUGLIELMO Dov'è?
FERRANDO Chi? La tua Fiordiligi?
GUGLIELMO La mia Fior... fior di diavolo, che strozzi Lei prima e dopo me!
FERRANDO ironicamente Tu vedi bene: V'han delle differenze in ogni cosa... Un poco di più merto...
GUGLIELMO Ah, cessa amico, Cessa di tormentarmi Ed una via piuttosto Studiam di castigarle Sonoramente.
DON ALFONSO Io so qual è: sposarle.
GUGLIELMO Vorrei sposar piuttosto La barca di Caronte!
FERRANDO La grotta di Vulcano.
GUGLIELMO La porta dell'inferno.
DON ALFONSO Dunque, restate celibi in eterno.
FERRANDO Mancheran forse donne Ad uomin come noi?
DON ALFONSO Non c'è abbondanza d'altro. Ma l'altre che faran, se ciò fer queste? In fondo, voi le amate Queste vostre cornacchie spennacchiate.
GUGLIELMO Ah pur troppo!
FERRANDO Pur troppo!
DON ALFONSO Ebben pigliatele Com'elle son. Natura non potea Fare l'eccezione, il privilegio Di creare due donne d'altra pasta Per i vostri bei musi; in ogni cosa Ci vuol filosofia. Venite meco; Di combinar la cosa Studierem la maniera. Vo' che ancor questa sera Doppie nozze si facciano. Frattanto Un'ottava ascoltate: Felicissimi voi, se la imparate.